Difficile dire qual è il suono degli incubi. Difficile scegliere anche il significato da attribuire alla parola incubo. L’incubo è quello che sogniamo da dormienti, con il culo all’aria, mentre allontaniamo le lenzuola che si sono fatte opprimenti o quello che vediamo da svegli o presunti tali, nel fluire di questa attesa miserabile? Una domanda del genere è un rompicapo sul quale schizzare un po’ di sangue mentre ci si sbatte sopra la testa; una di quelle domande alle quali tutti tentano, grossolanamente, di dare una risposta, mentre qualcuno, che casualmente chiameremo David Lynch, continua a mischiare le carte e ad una domanda del genere, beato, con quel ciuffo da gufo e il sorriso leggero, fa spallucce. E allora Twin Peaks non sarà il luogo ideale, ma è il perfetto non-luogo dove l’agente speciale Cooper può irrimediabilmente vivere a cavallo tra sogno e realtà, capendo la realtà solo dal sogno o sfogliando le pagine della realtà tre le pieghe dei sogni e delle strade di questa immutata cittadina dove i bisogni sono gli stessi da sempre.
Quando Jah Wobble si stancò dei PiL era già troppo tardi, la storia era già stata marcata a fuoco e John Lydon, quello che solo qualche anno prima diceva, con accento irlandese, d’essere l’anticristo, capì che il passato è passato, che Wobble era e rimane insostituibile e allora si può solo cambiar libro. Non basta voltare pagina. In una semplice decisione, che prevedeva l’estromissione del basso, strumento principe della musica dei PiL, e nel confronto con il limite e con la voglia di nuovo nasce e si muove “Flowers of Romance”.
"Flowers of Romance”, edito nel 1981 per la Virgin, è la summa del post-Punk, di quello che è stato, di quello che poteva essere e di quello che non sarà mai più e che non è mai stato. Il confine dal quale non si sfugge. Immaginate un disco fatto di incubi, del colore e degli odori degli incubi. Un disco onirico e struggente, composto al 90% da sola batteria e percussioni, con qualche spruzzata di synth e di chitarre, giusto per non fare incazzare nessuno, mentre John Lydon recita il suo monologo-soliloquio con la voce di un condannato a vita alla vita. E i ritmi della società industrialmente post-moderna sono tutti qui. Qui c’è il suono che fanno le vostre città quando spengono i lampioni e tutto dorme, quando sapete che non c’è nessuno, ma al contempo sapete che domani ci saranno. Ma dormono o non sono mai stati svegli? Dormire è un po’ come morire, c’è chi dorme sempre. Io non dormo mai e Lydon non risponde. Parla, ma non risponde. E’ tutto nei solchi di questo disco opprimente e liberatorio.
Credo di non aver dormito, di aver ascoltato tutta la notte “Flowers of Romance”. Forse non ho dormito, non ricordo, ma sarebbe, comunque, la stessa cosa.
- Track 8
- Phenagen
- Flowers of Romance
- Under the House
- Hymie's Him
- Banging the Door
- Go Back
- Francis Massacre
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