giovedì 3 dicembre 2009
Agatha - Getting Dressed for a Death Metal Party (2007)
mercoledì 4 novembre 2009
martedì 3 novembre 2009
lunedì 2 novembre 2009
Portraits of Past - 01010101 (1995)
mercoledì 21 ottobre 2009
Indian Summer - Science 1994 (1994)
Le foto. Le vecchie foto le trovo un po' ovunque, alla rinfusa, tipo molliche di pane. Io le schifo le vecchie foto. Me lo ricordo ogni volta che ne vedo una. Le persone cambiano, io no, ecco tutto. Cambiano capelli, cambiano stili, mode, espressioni e così invecchiano. Beati loro. Io non invecchio. Mai. Sempre uguale, sempre stessa espressione, sempre stessa tipologia di vestiti. Converse d'estate, jeans tutto l'anno. Montgomery d'ordinanza per il freddo, giubbino di pelle per le mezze stagioni. Al massimo, cardigan per le fresche sere d'estate. Consumato uno stock se ne compra un altro. Una specie di Dylan Dog senza la vocazione del mistero e che prova orrore per l'orrore.
L'altro giorno ci pensavo, sfogliando vecchie riviste non mie. Uno speciale sul cosiddetto "Grunge", tristezza a go-go. Che foto orribili. Colori orribili, anfibi a tutto spiano, calzettoni calati a cazzo, bandane, bermuda, mutande di lana. Pensavo: se solo si fosse azzardato uno a camminare così vestito per il quartiere si sarebbe buscato tanti di quei ceffoni fino a rinsanire.
Sì, è un bel quartiere, nulla da dire, ma il problema è sempre lo stesso. Il problema dell'essere alla moda è che poi finisci fuori moda. Il bello e il brutto dell'essere fuori moda è che sarai sempre fuori moda. In pratica è un gioco a somma negativa, dove ti giri becchi qualcosa sul muso... musicalmente parlando.
Insomma, mentre c'era chi si ostinava a cantare dei problemi della dipendenza o chi di un bimbo morto - sì, il mondo è un vampiro e blablabla - c'era chi si faceva i cazzi suoi e fuori tempo massimo stampava canzoni su 7", in split e compilation iperboliche, per etichette così miserabili che forse non sono mai nemmeno esistite. E sarebbe meglio, forse.
Gli Indian Summer erano giovani e gagliardi. Il mondo l'avrebbero spaccato in due, peccato che proprio non sapevano che farsene del mondo. Durarono poco, quasi due anni, e non riuscirono a realizzare nemmeno un disco. Solo pezzi alla rinfusa che sommati danno nove perle, 35 minuti, parenti stretti di un capolavoro. Science 1994, per la madonna.
La formula è quella di mischiare il Post-Rock degli Slint con certe melodie fugaziane - Guy Piccioto uber alles -, più la tendenza verso un post-hardcore arioso e svolazzante che a tratti s'incattivisce e volgarizza. Il tutto condito da una personalità incredibilmente forte e da una autoreferenzialità che sfiora il patologico. Lo chiamavano Emocore, un nome scemo, prova che ovunque si opta per le stesse minchiate.
"I Think You're Train is Leaving", soffusa e cadenzata, si attorciglia su sé stessa prima che la distorsione la liberi, dopo la voce si fa sottile, piccola, sovrastata da un muro di chitarre. Un piccolo uomo sotto qualcosa di grosso. L'intreccio chitarristico di "Black/Touch The Wings of an Angel... Doesn't Mean You Can Fly" suona più o meno come dei Fugazi che decidono di coverizzare "Breadcumb Trail" rinunciando a quelli che sono i loro suoni, poi aprono il gas, melodia, Na-Na-Na-Na.
Il riff di "Aren't You an Angel" - prima canzone del primo, omonimo, 7" - diluisce gli Helmet fino a farli non-esistere, fino a perderli, a farli scomparire nella volgare e caotica "Millimiter", con la voce che sputa l'anima, manco fosse cibo messicano. Per "Woolworm/Angry Son" non basterebbero mille lacrime per descriverla, per raccontare di quella chitarra che si insinua, indaga quello che non andrebbe detto... una sorta di "Washer", quella degli Slint che mi fa sempre quasi piangere. Della stessa bellezza, fatta delle stesse sensazioni. "Sugar Pill" segue lo stessa ricetta: piccola, da sottofondo e poi prepotente, imponente.
E' una musica eterea, per quanto un "sano" ventenne possa fare qualcosa di etereo. Prima si fa leggera, poi pesante e cade, cade rovinosamente. La musica degli Indian Summer, ecco, assomiglia ad un gioioso tuffo da una scogliera che finisce in tragedia, con il superficiale tuffatore spiaccicato su una roccia che non aveva considerato. C'è qualcosa di lugubre e, allo stesso tempo, solare; un morto e la gente che continua a nuotare.
giovedì 15 ottobre 2009
giovedì 8 ottobre 2009
giovedì 24 settembre 2009
mercoledì 23 settembre 2009
Iride - Casa (2009)
martedì 22 settembre 2009
A Certain Ratio - To Each... (1981)
- Felch
- My Spirit
- Forced Laugh
- Choir
- Back to the Start
- The Fox
- Loss
- Oceans
- Winter Hill
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venerdì 18 settembre 2009
giovedì 17 settembre 2009
giovedì 10 settembre 2009
Gang of Four - Peel Sessions '77 - '81 (1990)
Schermo nero. Poi, chitarra spezzettata. Poi, ritmica che ti trasforma gli arti in pistoni; poi, the problem of leisure: what to do for pleasure. Ecco la storia di una ragazza, della regina di Francia che, tra sorelle morte, noia e sesso saffico, perse la testa per la modernità. Questa storia semplice per tanti versi, trasformata nella cronaca della ricerca del piacere, della giovinezza, in questa naturalezza che non esiste più o che non è più qui. Come a dire: fornication make you happy, no escape from society.
E lo dico: mentre i miei arti si trasformavano in pistoni, la mia testa andava dritta, sulle rotaie costruite da quel punto esclamativo di Jon King, perché i punti esclamativi sono gli unici che mi parlano o che riesco a sentire.
La naturalezza non è qui o almeno non nel passaggio repentino del potere, direbbe Kant. Forse nel dispotismo illuminato, ma solo forse. Forse nell'educazione. Oppure - per dirla alla Burke - pentitevi e ringraziate Dio per la naturalezza che potrete trovare nella prossima vita, quella celeste, perché in questa vita, post-rivoluzionaria, democratica o presunta tale, del libero non dir nulla, di naturalezza non ne troverete.
Insomma, 1979 o 1789 non cambia nulla: i punti esclamativi, quelli che si spremono a vivere, reazionari lo sono sempre stati; perché è scontato: il progresso è sempre una forma di egoismo. E da sempre. Meglio la naturalezza, zero sovrastrutture, tutto dritto e poi BOOM.
E va da se che la musica dei Gang of Four - reazionari per scelta dall'alto, ma anche per capacità proprie, gruppo che va oltre il semplice significante musicale - va ascoltata isolandola da quello che la naturalezza rifiuta.
Le Peel Session sono sempre state una cosa bella, una via di mezzo tra l'artificiosità curata di un disco e la rudezza alcolica di un concerto. E allora non c'è modo migliore d'ascoltarli che con la grancassa che punge e il basso che sferracchia, nel suo esser tondo, all'inverosimile.
Peel Sessions '77 - '81, stampato nel 1990, fu registrato in tre sedute, riproposte, sul disco, come naturalezza richiede, in rigoroso ordine cronologico. Le prime due avvennero nel 1979, a disco non ancora uscito, e snocciolano 8/13 di quello che sarà Entertainment!. Il suono è vivo, pulsa.
Apre "I Found That Essence Rare" e ci ritrova nelle orecchie un gruppo affiatato e affilato, che sembra camminare, con gioia, sulla lama di un rasoio. "5.45" è qualcosa di estraniante, come dei Joy Division che se ne fottono di consegnarsi alla bellezza e si lasciano andare alla cronaca e le chitarre, le chittarre -Andy Gill era una persona vicina a Dio - e poi arriva, arriva il punto in cui King urla. Guerrilla War Struggle is a New Entertainment. Poi, STOP.
Poi "Natural's Not in It" - la mia preferita; una, tra tutte, delle mie preferite - e quindi silenzio. "Not Great Men" è, più o meno, il punto di partenza e di arrivo di tutta la new-new wave che fino a qualche mese fa imperava e che nessuno, ora, sembra ricordare; come degli A Certain Ratio demoniaci. La sessione ritmica di "Ether" danza su quello che rimane del mondo distrutto dai proclami di Jon King ed è un bel danzare, non c'è che dire.
Nel 1981, a Solid Gold uscito, tornarono negli studi di John Peel per suonare "Paralysed", con il basso che buca, dritto per dritto, i muri di casa. La chitarra si fa ancora più secca ed aspra - come la personalità di Gill imponeva - ed è semplice percepire da dove giunga il chitarreggiare di Albini... Every man is for himself.
Registrano "History's Bunk", dove le chitarre di fanno synth, e "To Hell With Poverty" - goduriosa e pensante -, entrambe, poi, presenti nell'Ep del 1982,Another Day/Another Dollar.
Come a dire: uno scorcio di naturalezza poco prima di perderla del tutto.
venerdì 4 settembre 2009
Motorpsycho - Child of the Future (2009)
giovedì 3 settembre 2009
Dinosaur Jr. - Dinosaur (1985)
- Forget the Swan
- Cats in a Bowl
- The Leper
- Does It Float
- Pointless
- Repulsion
- Gargoyle
- Severed Lips
- Mountain Man
- Quest
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martedì 1 settembre 2009
Butthole Surfers - Rembrandt Pussyhorse (1986)
lunedì 31 agosto 2009
Braid - Frame & Canvas (1998)
sabato 29 agosto 2009
The Rip Offs - Got a Record (1996)
domenica 23 agosto 2009
Kina - Cercando (1986)
- R.R.Bar
- Il confine
- Automi
- Nel tunnel
- (!?!)
- Sabbie mobili
- E intanto
- Cercando
- Stanotte... Visioni di morte
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sabato 22 agosto 2009
Kina - Irreale Realtà (1985)
- Nessuno schema
- Farse
- A chi tocca
- Robot
- Non smetterò mai
- Senza pensare
- Vietato
- Correre cercare piangere
- Riprendiamoci la vita
- Messaggi
- Nessun fiore
- Il mio dolore
- Bagliore accecante
- Solo pensieri
- Vivere odio
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venerdì 21 agosto 2009
The Pop Group - Y (1979)
- Thief of Fire
- Snowgirl
- Blood Money
- Savage Sea
- We Are Time
- Words Disobey Me
- Don't Call Me Pain
- The Boys From Brazil
- Don't Sell Your Dreams
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giovedì 20 agosto 2009
Tuxedomoon - Half-Mute (1980)
- Nazca
- 59 to 1
- Fifth Column
- Tritone (Musica Diablo)
- Loneliness
- James Whale
- What Use?
- Volo Vivace
- 7 Years
- KM / Seeding the Clouds
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mercoledì 19 agosto 2009
Squirrel Bait - Skag Heaven (1987)
- Kid Dynamite
- Virgil's Return
- Black Light Poster Child
- Choose Your Poison
- Short Straw Wins
- Kick the Cat
- Too Close to the Fire
- Slake Train Coming
- Rose Island Road
- Tape From California
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martedì 18 agosto 2009
domenica 16 agosto 2009
Pissed Jeans - Hope for Men (2007)
venerdì 14 agosto 2009
Pissed Jeans - Shallow (2005)
Niente stronzate, io sono malato. Queste sono le prime parole che Matt Korvette, lurido indiavolato, sputa nel microfono. Così si apre Shallow (2005, Parts Unknown Records), primo disco dei Pissed Jeans. Charleston, mazza chiodata, mazza chiodata sopra il charleston e un pazzo che sputa l'anima come se fosse il figlio naturale del più cattivo degli Henry Rollins adottato dal più frenetico dei David Yow. Come una voragine: "I'm Sick". Risali lentamente, l'anima che si salva, le mani che stringono pietre, l'affanno e quel cicciobomba di Fry, l'uomo con la chitarra, grasso come il suono della sua chitarra, che ti ributta giù con una canzone scippata direttamente agli Stooges - "Boring Girls" - e che alla bonanima di Ron Ashenton avrebbe fatto venire un'erezione marmorea post-adolescenziale da sei ore. Un solo accordo che procede spedito come una vecchia Ford Mustang su una strada di campagna. Dieci secondi per rifiatare - "Ugly Twin (I've Got)" -, il basso come un oasi nel deserto. Il ritmo si dilata, entra la chitarra... i Melvins che suonano "Sacrifice" dei Flipper per 7 minuti e 23 secondi di tortura e desolazione sonora. Un calore agghiacciante che ti sputa sul muro. "Ashamed of My Cum" (titolo degno di un qualsiasi studente di Yale) ti sbatte all'estate del 1984, con gli occhi puntanti sugli Scratch Acid che stanno per violentarti i timpani con sommo piacere, mentre alla tivù trasmettono qualche sport direttamente da Los Angeles.
The fuckin' Stooges, Melvins, Flipper, Scratch Acid, Black Flag seconda maniera, chitarra saturata in un vecchio valvolare... tutti gli ingredienti per fare del rock una pozzanghera sporca nella quale sguazzare come un animale... riff su riff.
Ti senti animale, animale in gabbia? Prenditi la tua pozzanghera. Amen.
giovedì 13 agosto 2009
Ultravox - System of Romance (1978)
martedì 11 agosto 2009
Deutsch-Amerikanische Freundschaft - Die Kleinen und die Bösen (1980)
lunedì 10 agosto 2009
Gang of Four - Entertainment! (1979)
domenica 9 agosto 2009
One Dimensional Man - Take Me Away (2004)
sabato 8 agosto 2009
One Dimensional Man - You Kill Me (2001)
giovedì 6 agosto 2009
One Dimensional Man - 1000 Doses of Love! (2000)
mercoledì 5 agosto 2009
One Dimensional Man - One Dimensional Man (1997)
martedì 4 agosto 2009
lunedì 3 agosto 2009
domenica 2 agosto 2009
Melvins - King Buzzo EP (1992)
E i Melvins sono una di quelle religioni con precetti assiologici che ti chiedono solo di chiudere il forno e godere. C’è un’ampia schiera di dizionari, di critichini, di vocabolari dei sinonimi e dei contrari, di cospiratori, di atei che vi verranno a dire che “si, importanti i Melvins… più importanti che bravi… perché si, cioè, no, si insomma, be’, buone idee ma cattive realizzazioni… tanti dischi mal riusciti”.
A questo punto la vostra fede incrollabile proporrà due soluzioni, una divertente (rompergli il culo) e una doverosa (spiegargli che è uno stupido). “Allora, mio vocabolarietto del Ruock, ai dischi mal riusciti abbiniamo un gradevole “sti cazzi”… prendi il tuo compagno di banco, quello grasso e con la fantasia necessaria per farsi un riporto con quattro capelli, mettilo alla batteria e fate dischi per venticinque anni, alla media di tre pubblicazioni all’anno, non curatevi del pubblico e fate quello che vi pare, inventate una decina di sottogeneri musicali, fate scannare la gente per attribuirvi un genere… bene, fatte tutte queste cose, vocabolarietto, torna qui e vediamo quanti dischi mal riusciti hai fatto. E poi mal riusciti che vor di’? Pure Dio sbaglia, al posto della manciata di fango, confuso, ha tirato una manciata di merda e sono venuti fuori Scaruffi e Borghezio. E che vogliamo fare, ci vogliamo mettere a bestemmiare o gli teniamo il broncio o con godiamo di fronte alla visione del culo della mia vicina di casa per una piccola imprecisione, per un nulla rispetto a tutto il ben di Dio che ha combinato?”
Se dopo tale, assennata, risposta il vocabolarietto di fiducia risponde “si, ma Frank Zappa…” avete tutto il diritto, alla sola parola Zappa - giusto per dirne uno - di sfilarvi la cintura e di prenderlo a cinghiate sui denti che Dio è con voi e vi benedirà.
Il disco in questione… il disco in questione è l’ultimo divertissement uscito per la Boner nel 1992, prima del passaggio su Major perché si sa, dopo l’esplosione dei Nirvana, ad Aberdeen, nonostante i Melvins vivessero da tempo a San Francisco, le rock star crescevano sugli alberi.
Dicevamo, il disco in questione… 14 minuti per quattro canzoni di divertimento musicale. L’allora formazione dei Melvins decise di far uscire un disco a testa come i Kiss e King Buzzo arruola Dave Grohl, sfasciatore di pelli per conto dei Nirvana e degli Scream, accreditandolo come “Dale Nixon”, ovvero con lo stesso pseudonimo che Greg Ginn si scelse per interpretare il ruolo di bassista su “My War”.
La prima, “Isabella”, è ritmica tribale-schiacciasassi con riff Melvins’ Style; la seconda, “Porg”, è un delirio freak in chiave industrial, industrial come potrebbe essere industrial la canzone di uno cresciuto in una città di taglialegna, come se un personaggio di Twin Peaks si cimentasse con l’industrial; “Annum” parte piano, prove generali per “Houdini”, si può addirittura cantarla mentre si cucina e poi c’è quel basso-cassa-charleston che te l’aspettavi, ma ci sta da Dio e allora tutto bene, si gode; la quarta, “Skeeter”, accreditata a Dave Grohl, che ci parla sopra, è un susseguirsi di riff su riff che ti riconcilia con te stesso… ci voleva proprio, ahh.
In Buzz We Trust… Yeah! E non è poco.
sabato 1 agosto 2009
Melvins - Your Choice Live Series (1991)
venerdì 31 luglio 2009
Black Flag - My War (1984)
giovedì 30 luglio 2009
Negative Approach - Negative Approach (1982)
- Can't Tell No One
- Sick of Talk
- Pressure
- Why Be Something That You're Not
- Nothing
- Fair Warning
- Ready to Fight
- Lead Song
- Whatever I Do
- Negative Approach
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mercoledì 29 luglio 2009
Scratch Acid - Scratch Acid (1984)
- Cannibal
- Greatest Gift
- Monsters
- Owner's Lament
- She Said
- Mess
- El Espectro
- Lay Screaming
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martedì 28 luglio 2009
lunedì 27 luglio 2009
domenica 26 luglio 2009
sabato 25 luglio 2009
Public Image Ltd. - Flowers of Romance (1981)
Difficile dire qual è il suono degli incubi. Difficile scegliere anche il significato da attribuire alla parola incubo. L’incubo è quello che sogniamo da dormienti, con il culo all’aria, mentre allontaniamo le lenzuola che si sono fatte opprimenti o quello che vediamo da svegli o presunti tali, nel fluire di questa attesa miserabile? Una domanda del genere è un rompicapo sul quale schizzare un po’ di sangue mentre ci si sbatte sopra la testa; una di quelle domande alle quali tutti tentano, grossolanamente, di dare una risposta, mentre qualcuno, che casualmente chiameremo David Lynch, continua a mischiare le carte e ad una domanda del genere, beato, con quel ciuffo da gufo e il sorriso leggero, fa spallucce. E allora Twin Peaks non sarà il luogo ideale, ma è il perfetto non-luogo dove l’agente speciale Cooper può irrimediabilmente vivere a cavallo tra sogno e realtà, capendo la realtà solo dal sogno o sfogliando le pagine della realtà tre le pieghe dei sogni e delle strade di questa immutata cittadina dove i bisogni sono gli stessi da sempre.
Quando Jah Wobble si stancò dei PiL era già troppo tardi, la storia era già stata marcata a fuoco e John Lydon, quello che solo qualche anno prima diceva, con accento irlandese, d’essere l’anticristo, capì che il passato è passato, che Wobble era e rimane insostituibile e allora si può solo cambiar libro. Non basta voltare pagina. In una semplice decisione, che prevedeva l’estromissione del basso, strumento principe della musica dei PiL, e nel confronto con il limite e con la voglia di nuovo nasce e si muove “Flowers of Romance”.
"Flowers of Romance”, edito nel 1981 per la Virgin, è la summa del post-Punk, di quello che è stato, di quello che poteva essere e di quello che non sarà mai più e che non è mai stato. Il confine dal quale non si sfugge. Immaginate un disco fatto di incubi, del colore e degli odori degli incubi. Un disco onirico e struggente, composto al 90% da sola batteria e percussioni, con qualche spruzzata di synth e di chitarre, giusto per non fare incazzare nessuno, mentre John Lydon recita il suo monologo-soliloquio con la voce di un condannato a vita alla vita. E i ritmi della società industrialmente post-moderna sono tutti qui. Qui c’è il suono che fanno le vostre città quando spengono i lampioni e tutto dorme, quando sapete che non c’è nessuno, ma al contempo sapete che domani ci saranno. Ma dormono o non sono mai stati svegli? Dormire è un po’ come morire, c’è chi dorme sempre. Io non dormo mai e Lydon non risponde. Parla, ma non risponde. E’ tutto nei solchi di questo disco opprimente e liberatorio.
Credo di non aver dormito, di aver ascoltato tutta la notte “Flowers of Romance”. Forse non ho dormito, non ricordo, ma sarebbe, comunque, la stessa cosa.
- Track 8
- Phenagen
- Flowers of Romance
- Under the House
- Hymie's Him
- Banging the Door
- Go Back
- Francis Massacre
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